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Raddoppio dei termini

Ai fini del raddoppio dei termini, per come disposto dalla normativa applicabile ratione temporis, non è necessaria l’effettiva presentazione della denuncia. Come statuito dalla Consulta, l’unica condizione per il raddoppio è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicché il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia ed il giudice tributario dovrà controllarne la sussistenza dei presupposti, compiendo una valutazione ora per allora circa la loro ricorrenza. Così si è espressa la Cassazione con l’Ord. n. 11171 del 30.05.2016, con cui, in sostanza, i giudici respingono la tesi, recentemente raggiunta da varie sentenze di merito, secondo cui la L.208/15 avrebbe implicitamente abrogato la normativa transitoria prevista dal D.Lgs 128/15, essendo quindi necessario che, affinchè operi il raddoppio dei termini, la denuncia sia presentata entro i termini decadenziali di accertamento. La Corte, richiamando espressamente la disciplina applicabile “ratione temporis”, sposa invece la tesi dell’operatività del principio “tempus regit actum”. La natura procedimentale delle norme in esame comporta infatti che si applica il principio che impone di tener presente la situazione di fatto e di diritto vigente al momento dell’emissione del provvedimento, determinando l’indifferenza dell’atto, emanato in base a norme procedimentali in quel momento vigenti, alle successive modifiche normative. Vero è che con il dlgs n. 128/15, art. 2, tale regime era stato già modificato, stabilendosi che il raddoppio dei termini di accertamento non operava qualora la denuncia fosse stata presentata oltre la scadenza ordinaria dei termini di decadenza e vero è che il comma 3 dello stesso articolo prevedeva una disciplina transitoria, in base alla quale erano fatti salvi gli effetti degli avvisi notificati alla data di entrata in vigore del decreto. Ma, sia allora, che ora, con la nuova disciplina (che supera il sistema del raddoppio per allungare tutti gli ordinari termini di accertamento), non c’era in realtà bisogno di alcuna clausola di salvaguardia, dato che le norme procedimentali sono di per sè regolate dal principio del tempus regit actum.

Giovambattista Palumbo

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