La SCIA, segnalazione certificata di inizio attività, è entrata in vigore con la L. 122/2010 e già oggetto di molteplici modifiche.
L’art. 19 L. 241/1990 prevede che “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato”.
La SCIA ha perciò sostituito la DIA, dalla quale ha recepito il principio per cui la segnalazione unilaterale costituisce titolo edilizio legittimante l’inizio e lo svolgimento di ogni tipo di attività economica qualora non siano necessarie attività discrezionali della PA.
Nel termine di 60 giorni la Pubblica Amministrazione deve effettuare i controlli di accertamento dei requisiti e, in caso contrario, può disporre i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività.
Tale termine è ridotto a 30 giorni per la SCIA in materia edilizia.
Oltre tali termini la Pubblica Amministrazione può adottare i provvedimenti di divieto di prosecuzione solo nei casi previsti dall’art. 21 nonies (ovvero, agendo in autotutela e nel termine di 18 mesi introdotto dalla L. 127/2015, come espressamente previsto dal comma 4 dello stesso articolo 19 L. 241/1990).
Recentemente, il Consiglio di Stato con Parere n. 839 del 30 marzo 2016 sul c.d. “decreto scia” ha operato una ricostruzione dell’istituto, precisando che l’Esecutivo non ha previsto, come richiesto invece dalla delega, i casi di “precisa individuazione” della scia rispetto al silenzio assenso.
Inoltre, il Consiglio di Stato ritiene che, essendo la SCIA un provvedimento di secondo grado, non si potrebbe applicare l’autotutela in senso tecnico, e quindi il termine di 18 mesi andrebbe inteso quale termine del potere ex post della Amministrazione di vietare il proseguimento dell’attività solo se accompagnato da un’idonea motivazione.
Infine, il Consiglio di Stato si sofferma su alcuni aspetti di tecnica legislativa, suggerendo al Governo di precisare quale sia il dies a quo per la decorrenza dei 18 mesi di cui all’art. 21 nonies e quale sia l’ambito applicativo della deroga a tale termine prevista dall’art. 21 nonies co. 2 bis. Infine, con grande attenzione per la semplificazione, il Consiglio di Stato richiama l’attenzione alla necessità di prevedere moduli standardizzati e unificati.