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LA TASSAZIONE DEI REDDITI DA MERETRICIO

La tassazione dei proventi derivanti da meretricio è tema di costante attualità, tenuto anche conto che, soltanto in Italia, il volume d’affari della prostituzione sembra attestarsi, secondo alcune stime, tra i 5 ed i 10 miliardi di euro annui. Nel 2005, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha infatti ritenuto, da un lato, che l’esercizio dell’attività di prostituzione non potesse configurare attività illecita (e, quindi, non trovasse applicazione la normativa in tema di tassazione dei relativi proventi) e ha riproposto, dall’altro, la tesi della natura risarcitoria delle somme. In senso analogo si esprimeva, l’anno successivo, anche la Commissione tributaria regionale Lombardia.

Una prima, nitida presa di posizione in senso favorevole alla tassazione era stata invece fornita dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, nel 2007, la quale aveva sottolineato che i proventi da meretricio andassero attratti a tassazione e ricondotti alla categoria dei “redditi diversi”. In senso analogo si esprimeva, nel 2009, la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia. Per ricevere l’avallo di tale percorso interpretativo da parte dei giudici di legittimità occorreva attendere l’anno successivo, allorquando la Suprema Corte statuiva che “non vi è dubbio alcuno che anche i proventi della prostituzione debbano essere sottoposti a tassazione, dal momento che, pur essendo un’attività discutibile sul piano morale, non può essere certamente ritenuta illecita”.

Ulteriore conferma a siffatta tesi è stata fornita dalla Cassazione più di recente, con un’ordinanza del 2013 in cui i giudici hanno ribadito che “il reddito derivante dall’esercizio della prostituzione, in base al generale principio della tassabilità dei redditi per il fatto stesso della loro sussistenza, è soggetto ad imposizione diretta”. Peraltro, il tema dell’imponibilità, anche ai fini Iva, dei corrispettivi rinvenienti da attività di meretricio è stato oggetto di autorevole pronuncia della Corte di Giustizia europea, la quale, nel 2001, ha statuito che “la prostituzione costituisce una prestazione di servizi retribuita, la quale rientra nella nozione di attività economiche”. Ciò a condizione che l’esercizio dell’attività in argomento non sia prevista come illegale nel Paese membro di riferimento.

Se dunque nessun dubbio sussiste in ordine al fatto che tali tipi di proventi siano tassabili, in ogni caso, occorre chiedersi se abbiano o meno natura (civilisticamente) illecita. Laddove l’illiceità civilistica del negozio stipulato tra prostituta e cliente deriverebbe dalla contrarietà delle prestazioni pattuite al “buon costume”.

Comunque, sia che i proventi da meretricio siano di natura lecita o sia che siano di natura civilisticamente illecita, non vi è dubbio che essi vadano dichiarati fiscalmente.

di Giovambattista Palumbo

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