05.04.16
L’esame delle criticità della legge professionale impone l’analisi dell’art. 2, norma tra le più importanti dell’intera legge.
L’articolo descrive il contenuto della professione forense e, tra le norme in esso previste, vi è la riserva di consulenza ed assistenza stragiudiziale richiesta a gran voce da tutta l’avvocatura.
Sul punto occorre essere chiari, la riserva è il classico topolino partorito dalla montagna. La disposizione è stata introdotta con un emendamento alla Camera dei Deputati in seconda lettura, infatti al Senato in prima lettura veniva riservata agli Avvocati l’intero settore stragiudiziale, indipendentemente dalla connessione con l’attività giurisdizionale.
Soltanto una lettura frettolosa della norma ha potuto autorizzare gli entusiasmi che hanno accompagnato la sua emanazione.
La norma infatti prevede che “ l’attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all’attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di competenza degli avvocati”.
Nel periodo successivo la norma mantiene libera la possibilità di instaurazione di rapporto di lavoro subordinato o la stipulazione di contratti aventi ad oggetto la consulenza e l’assistenza legale e stragiudiziale, nell’esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l’opera viene prestata. Se il destinatario di predette attività è costituito in forma societaria. La previsione amplia le eccezioni anche alle associazioni o enti portatori di interessi di particolare rilievo sociale ove tali attività siano svolte esclusivamente nell’ambito delle rispettive competenze istituzionali e limitatamente all’interesse degli associati ed iscritti.
In questo modo l’attività di giurista d’impresa e l’assistenza e consulenza legale ad associazioni di consumatori o altri enti esponenziali potranno essere svolte da soggetti non avvocati.
Peraltro non vi è un’esclusiva assoluta per la consulenza e assistenza stragiudiziale connesse all’attività giurisdizionale, giacché la norma specifica che tali materie sono riservate solo se svolte in modo continuativo, sistematico e organizzato, lasciando intendere che tali requisiti debbano sussistere cumulativamente.
Quindi, a ben vedere, l’attività di consulenza ed assistenza pare posa essere svolta liberamente anche da non avvocati qualora lo si faccia in modo temporaneo o periodico e disorganizzato.
Se il legislatore ha imposto la sussistenza di tutti i requisiti, si deve ragionevolmente ritenere possibile che un soggetto privo di dipendenti che lavori parttime possa liberamente svolgere predette attività anche se connesse all’attività giurisdizionale.
Occorre quindi domandarsi a questo punto quale sia stata la finalità del legislatore nel disciplinare in questo modo una (pseuo) esclusiva più di forma che di sostanza e se nello scrivere la norma si sia tenuto nel dovuto conto della funzione giurisdizionale riservata all’avvocato e dell’attività prodromica e funzionale ad essa che non può prescindere da specifiche conoscenze