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La Legge professionale: criticità illustrate

15.04.16
Come noto la nuova legge professionale ha modificato profondamente il tirocinio privilegiando la partecipazione a corsi di formazione rispetto all’effettiva pratica, arrivando finanche a permettere l’ammissione all’esame di abilitazione anche se il tirocinio è svolto totalmente al di fuori di uno studio legale.

Il tirocinio non determina di diritto l’instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale.

Occorre dire che la riforma, mentre prevede il rimborso delle spese sostenute per conto dello studio da parte del tirocinante, previsione stranamente limitata ai soli “studi legali privati” come se negli uffici legali di enti pubblici non fosse dovuto alcun rimborso, non contempla affatto l’obbligo di riconoscere un compenso allo stesso ma una mera possibilità.

Infatti dopo il primo semestre, nel caso di tirocinio presso uno studio legale, possono essere riconosciuti un’indennità o un compenso per l’attività svolta per conto dello studio mentre per gli enti pubblici è previsto un semplice rimborso.

La riforma, nell’ambito dei rapporti economici con i praticanti non ha fatto grandi passi avanti rispetto alla situazione precedente; infatti a ben vedere, il diritto all’indennità o compenso non sorge in forza di legge, ma da apposito contratto.

La disposizione infatti tende a regolamentare una mera aspettativa di compenso per il praticante.

Pare curioso che il contratto possa essere stipulato solo dopo il primo semestre, come dire che se l’avvocato volesse stipularlo prima non sarebbe consentito, viene inoltre espressamente disciplinata una compensazione tra quanto fornito al praticante e quanto da quest’ultimo prodotto, criterio di non facile applicazione pratica ma che potrebbe portare a letture, in qualche modo, “interessate”.

La riforma mantiene la figura del patrocinatore legale introducendo molte novità intrise di criticità.

La nuova norma aumenta le responsabilità dell’avvocato per l’attività del praticante ammesso al patrocinio ma limita l’autonomia di quest’ultimo pur estendendone le competenze.

Se da un lato ora il praticante può accedere al patrocinio anche appena laureato, dopo il primo semestre di pratica, e può patrocinare davanti al Giudice di Pace ed al Tribunale civile senza limiti i valore, dall’altro il patrocinatore perde gran parte dell’autonomia essendo sottoposto ad un più stringente controllo dell’avvocato presso cui fa pratica.

Infatti con norma scritta in modo del tutto infelice il praticante abilitato “può esercitare attività professionale in sostituzione dell’avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di af ari non trattati direttamente dal medesimo”.

Quest’ultima parte lascerebbe supporre che il controllo dell’avvocato si estenderebbe anche ad affari gestiti direttamente dal praticante abilitato nella sua autonomia e che di detta gestione risponderebbe anche l’avvocato presso cui esercita la pratica.

Vi è da dire che questa lettura basta sul dato testuale non è seguita dalla maggior parte degli interpreti, dai regolamenti emessi autonomamente da molti COA e dallo stesso CNF, i quali ignorandone completamente l’ultima parte, parlano, forse impropriamente, di “patrocinio sostituivo” individuando una sorta di sostituzione delegata del solo avvocato presso cui viene svolta la pratica e non di altri, ritenendo che il tirocinante non possa avere incarichi in proprio.

Contro questa interpretazione milita il DM sui parametri per la determinazione dei compensi in caso di liquidazione giudiziale, emesso in applicazione della legge professionale, il quale prevede una specifica voce per i compensi liquidati ai praticanti abilitati che mal si concilierebbe con un’attività solo delegata.

La norma oltre ai problemi interpretativi ne fa sorge altri di coordinamento: nella prima parte si vincola l’abilitazione al periodo di pratica che è di 18 mesi per poi stabilire che la durata dell’abilitazione è di cinque anni.

Le difficoltà applicative del mancato coordinamento non sono marginali basti pensare al periodo successivo al conseguimento del certificato di compiuta, pratica ottenibile dopo 18 mesi e l’eventuale trasferimento del praticante abilitato presso uno studio legale diverso da quello presso cui ha iniziato la pratica e l’individuazione dell’avvocato controllante da ritenersi responsabile dell’operato dell’ammesso al patrocinio a tirocinio compiuto.

Purtroppo la norma, scritta ed interpretata male, permette di dire, amaramente, che la nostra non è una professione per giovani.

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