La pubblicità e le informazioni sull’esercizio della professione negli anni hanno subito radicali cambiamenti.
Da un silenzio totale derivante dall’inammissibilità di ogni forma di pubblicità, in una professione ancorata in tutto alla dignità ed al decoro quali parametri inamovibili ed immodificabili, dimentichi del loro naturale divenire si è passati a sempre più ampie aperture giunte da ultimo con l’art. 10 della legge professionale, riportato testualmente nel nuovo codice deontologico.
La disposizione di legge ha subito modifiche importanti nel doppio passaggio camerale, si è infatti passati da un primo testo che si riferiva al prestigio della professione ed al codice deontologico con le relative limitazioni con riferimento al decoro, per arrivare a quello attuale totalmente svincolato.
La norma individua in primis l’oggetto della pubblicità informativa nell’organizzazione e struttura dello studio e sulle eventuali specializzazioni, titoli scientifici e professionali posseduti.
Rispetto all’art. 4 del DPR 137/2012, al quale si pone in rapporto di specialità, la norma non fa riferimento ai compensi richiesti, tuttavia non sembra che da ciò possa desumersi un divieto.
Le informazioni ora possono essere diffuse con qualunque mezzo, anche informatico e devono rispettare il limite della trasparenza, verità e correttezza, non essere comparative con altri professionisti né equivoche ingannevoli, denigratorie o suggestive.
La totale libertà dei mezzi, indirizzo totalmente opposto da quello seguito dal CNF prima della promulgazione della legge ed ancora poco “digerito” dallo stesso, ha colto impreparata l’avvocatura ancorata agli ormai superati limiti del prestigio e del decoro, limiti e concezioni costati sanzioni pesantissime dall’antitrust per quelle forme ibride di pubblicità ora possibili con le nuove forme di comunicazioni permesse dalle nuove tecnologie e dal web.