Il tribunale di Milano con ordinanza del 23 marzo ammonisce genitori e soprattutto
Avvocati perché esasperano la conflittualità nella gestione dei figli. Ciò mi fa pensare
come un passaggio del diritto di famiglia, da isola lambita dal Diritto, passando a quella occupata dal diritto per arrivare all’abbandono da parte del diritto. Provvedimenti come quello premessa e l,affidamento della gestione del conflitto alle stesse parti, divorzio e separazione, sia pure limitatamente a certe condizioni, sta comportando un vuoto nel quale si stanno inserendo senza scrupolo, altre categorie ,associazioni private ,con la complicità di giovani avvocati , quasi che si tratti dei gestire sinistri stradali o contratti di appalto. La responsabilità di tali scelte probabilmente va imputata agli stessi operatori del diritto,in particolare avvocati che non hanno saputo cogliere il senso di quel vecchio messaggio ed hanno tutelato le parti come nei processi D cognizione,poco consapevoli e preparati al fatto che in tale materia la collaborazione con la controparte finalizzata all’interesse del nucleo familiare era il modo giusto ed adeguato di svolgere l’attività. Questa è una delle tante occasioni perse dell’avvocatura per dimostrare la capacità di adeguare volta per volta il proprio ruolo professionale,senza per questo perdere di vista l’essenza del diritto di difesa e quindi della tutela del cliente. La patologia del legame familiare e’ prima di tutto di carattere emotivo e psicologico, su quello bisogna lavorare per raggiungere anche l’equilibrio economico,dal momento che sempre più spesso separazione e divorzio hanno aggravato le condizioni di povertà, soprattutto nei ceti medio- bassi. Ripartire e riprendersi il ruolo di avvocati in tale materia, deve essere uno dei tanti obiettivi del recupero della professione.