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Donne, professione e successo.

Puntata di #Svegliatiavvocatura di Venerdì 8 Luglio ore 7.45

“La questione sta tutta in vedere se le donne possano o non possano essere ammesse all’esercizio dell’avvocheria (…). Ponderando attentamente la lettera e lo spirito di tutte quelle leggi che possono aver rapporto con la questione in esame, ne risulta evidente esser stato sempre nel concetto del legislatore che l’avvocheria fosse un ufficio esercibile soltanto da maschi e nel quale non dovevano punto immischiarsi le femmine (…). Vale oggi ugualmente come allora valeva, imperocché oggi del pari sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano, e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene di osservare”

Con queste parole la Corte d’Appello di Torino con provvedimento dell’11/11/1883 in Giur. it. si esprimeva, negandola, in ordine alla richiesta della dottoressa Lidia Poet di essere iscritta all’Albo degli Avvocati.

La prima vera rivoluzione avvenne nell’agosto del 1919, quando Elisa Comani di Ancona, riuscì ad ottenere l’iscrizione all’albo degli Avvocati e, soprattutto, la difesa in alcuni processi, con ottimi risultati.

E’ passato poco meno di un secolo e la situazione è, per fortuna, profondamente cambiata.
Le donne in avvocatura sono ormai in numero quasi pari a quello degli uomini ed è imminente il soprasso, anche perchè nei nuovi ingressi, anno per anno, le donne che superano l’esame di abilitazione e quindi si iscrivono all’albo sono di numero superiore a quello dei colleghi.
Eppure problemi non mancano; la capacità reddituale delle donne avvocato resta ancora e di gran lunga inferiore rispetto a quello dei colleghi dell’altro sesso e questo dato soltanto in parte si giustifica per il fatto che il numero di donne giovani (infraquarantenni) è ancora molto superiore rispetto a quello delle ultraquarantenni.

E, tuttavia, non mancano eccezioni a questa regola. E’ di questi giorni un articolo che la rivista Vanity Fair dedica alle donne avvocato che hanno mietuto grandi successi, reddituali e di tipo professionale, nei grandi studi legali italiani. L’articolo riprende una classifica stilata dalla rivista online legalcommunity.it dedicata ai 30 legali donne più influenti d’Italia. Avvocati – o avvocatesse – come alcune preferiscono farsi chiamare.

I criteri che hanno guidato le scelte per la redazione della classifica sono: reputazione, business, visibilità, managerialità, relazioni. Tra loro ci sono sia professioniste che svolgono la libera professione presso studi legali nazionali e internazionali, sia giuriste d’impresa.

All’interno di questa classifica un posto di tutto rilievo viene occupato da Caterina Flick, collega romana, of counsel dello studio “Nunziante-Magrone”, che ha rilasciato un’interessante intervista a Milena Miranda della redazione di iuslaw webradio, soffermandosi sulle difficoltà che una donna ha dovuto affrontare per imporsi in un ambiente estremamente selettivo e superare pregiudizi e difficolta.

Buon ascolto!

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