Puntata di #Svegliatiavvocatura di Venerdì 15 Luglio 2016
Cosa è la prima cosa che oggi facciamo quando vogliamo avere informazioni su una persona? Ovvio… digitiamo il suo nome su un motore di ricerca, Google il più utilizzato al mondo in questo momento. Non siamo ciò che siamo ma ciò che la rete dice chi siamo. Ma c’è un diritto che ci permette di monitorare e in qualche modo eliminare informazioni che in qualche modo non riteniamo più attuali e che la rete presenta magari tra i primi risultati di una ricerca?
Si, è il diritto all’oblio che rappresenta ancora una materia complessa dove si alternano la tutela dei diritti ora con la prevalenza del diritto di cronaca, ora con quella della tutela della privacy. Siamo di fronte ad un mondo virtuale del quale e nel quale è difficile tracciare il limite, ciò comporta anche paure e dubbi da coordinare con libertà di espressione e di informazione. Con la sentenza del 13 maggio 2014, alla luce del ricorso presentato dal cittadino spagnolo Mario Costeja Gonzales, la Corte di Giustizia Europea è intervenuta direttamente sui motori di ricerca on-line, in particolare Google, stabilendo che gli stessi dovessero provvedere non alla cancellazione bensì alla de-indicizzazione dei contenuti non più rilevanti presenti nel Mare Magnum della Rete. Già prima il Garante italiano della privacy ha stabilito che, decorso un congruo periodo di tempo, non possano più costituire oggetto di indicizzazioni informazioni relative a condanne e sanzioni. Le notizie in questione vengono, pertanto, spostate in una parte specifica del sito non più indicizzabile; ciò le rende ugualmente disponibili ma le sottrae ad un’eccessiva rintracciabilità da parte dell’utenza che può accedere all’informazione originaria digitando altri termini di ricerca, oppure attraverso accesso diretto al sito internet. Tuttavia, poiché la soppressione di link dall’elenco di risultati potrebbe, a seconda dell’informazione in questione, avere ripercussioni sul legittimo interesse degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a quest’ultima, occorre ricercare un giusto equilibrio segnatamente tra tale interesse e i diritti fondamentali della persona che può dipendere, in casi particolari, dalla natura dell’informazione di cui trattasi e dal suo carattere sensibile per la vita privata della persona suddetta, nonché dall’interesse del pubblico a disporre di tale informazione, il quale può variare, in particolare, a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica.
In conclusione, il diritto all’oblio può essere definito come il diritto di ognuno di noi ad essere dimenticato, o meglio ancora, a non essere più ricordato per fatti che in passato hanno costituito oggetto di cronaca.
Questo principio, dal contorni ancora così indefiniti e indefinibili, è strettamente subordinato al decorrere del tempo e parte dal presupposto che quando un certo fatto è stato assimilato dai più, cessa di essere utile per l’interesse pubblico; smette allora di essere oggetto di cronaca per ritornare ad occupare la sola sfera privata dell’individuo. Tutto ciò è vero ma con i dovuti limiti; esistono, infatti, episodi talmente gravi ( quali ad esempio gli omicidi per terrorismo, l’omicidio Moro o stragi o anche i procedimenti di collusione con la mafia) per i quali l’interesse pubblico alla loro riproposizione non viene mai meno, ma al contrario, parlare di diritto all’oblio per i responsabili risulterebbe addirittura irriverente e diseducativo. Oggi il tema del diritto all’oblio è quanto mai vivo, e gli avvocati si devono scontrare con le richieste dei clienti di veder cancellato un pezzo della loro storia dalla rete. Rimozione, deindicizzazione, messa in archivio, attualizzazione della notizia, sono termini di sicuro interesse per la difesa dei diritti dei nostri assistiti, buon ascolto.
Buon ascolto!